La
comunità marocchina in Italia. Un ponte sul Mediterraneo
Edizioni
IDOS, Roma dicembre 2013, testo bilingue (italiano e francese)
Ricerca
condotta del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico per
il Ministero dei marocchini all’estero
Questo
volume è frutto di una iniziativa marocchina ideata in una prospettiva
bilaterale. Alla sua origine si pone il Ministero di Rabat incaricato della
comunità marocchina all’estero, che ha commissionato la ricerca al Centro Studi
e Ricerche IDOS, mentre l’Ambasciata del Marocco si è fatta carico della
stampa. L’obiettivo è stato quello di analizzare in maniera dettagliata il
volto poco conosciuto della comunità marocchina insediata in Italia, fornendo
notizie ulteriori al paese di origine e allo stesso paese di accoglienza.
Secondo
stime, sono circa 3 milioni i marocchini presenti nell’Unione, la comunità più numerosa
dopo quella turca: 300mila nei Paesi Bassi, oltre mezzo milione in Italia e in
Spagna, il doppio in Francia. L’Italia si segnala perché i flussi hanno
continuato a essere consistenti anche negli ultimi anni, mentre alla Francia
spetta il primato nella concessione della cittadinanza. I marocchini sono gli
immigrati non comunitari più numerosi in Italia, Spagna e Belgio, mentre si collocano
al secondo posto in Francia, nei Paesi Bassi e in Germania.
L’immigrazione
marocchina nel “Bel Paese” ha inizio negli anni ’70, quelli delle incipienti restrizioni
nelle politiche migratorie degli altri Stati membri, e è diventata più
consistente negli anni ’80 e, specialmente, nei due decenni successivi: nel
2001 i soggiornanti marocchini erano solo 167.334 e quelli residenti circa
13mila in più. Il forte aumento è intervenuto nonostante la ridotta espansione
dell’economia italiana (aumento di appena 8 punti percentuali del PIL tra il
1992 e il 2012, al netto degli 8 punti percentuali di PIL persi durante la
crisi dal 2008 al 2012), e il numero triplicato sta a indicare il fabbisogno
strutturale di lavoratori in provenienza dall’estero.
Nel
periodo 2001-2012 i soggiornanti marocchini in Italia sono aumentati di 346.040
unità. Il Marocco è stato preceduto solo dalla Romania (aumento di circa 1
milione) e quasi uguagliato dall’Albania (differenza di poche migliaia). Nello
stesso periodo sono emigrati dall’Italia circa 10mila marocchina e 30mila sono
stati quelli cancellati per irreperibilità. Bisogna anche tener conto, come si
vedrà, dei numerosi permessi si soggiorno scaduti e non più rinnovati.
Questa
storia più quarantennale ha accompagnato l’evolversi del fenomeno migratorio in
Italia. I primi arrivati, sono stati manovali nell’industria e nei campi o, a
prescindere dal lavoro svolto in precedenza, venditori ambulanti; quindi sono
seguiti i lavoratori in provenienza anche dalle città e infine le mogli e i
figli, dando vita a un insediamento stabile e in continuo aumento.
I
marocchini, con 513.374 soggiornanti (aumentati alla fine del 2012 dell’1,4%),
sono la prima comunità tra gli immigrati, sia africani (1 milione 152mila) sia
non comunitari (3 milioni 764 mila) e incidono per quasi il 10% sulla presenza
straniera totale, stimata nel Dossier Statistico Immigrazione 2013 UNAR-IDOS
pari a 5 milioni e 186mila. Più dei due terzi dei marocchini si trovano in
Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia (questa regione detiene un quarto
delle presenze). Le province con il maggior numero di marocchini (oltre 30mila)
sono Torino e Milano, diverse altre province, tutte nel Nord, ne contano 20mila
(Bergamo, Brescia e Modena) o 10mila (Verona, Bologna, Treviso, Padova, Cuneo e
Varese), mentre Roma si ferma a quota 9mila e, nel Sud, Salerno e Napoli
raggiungono, rispettivamente, 6mila e 4mila soggiornanti. Alcune aree di partenza
hanno privilegiato l’Italia come destinazione e, ad esempio, la cittadina
marocchina di Fqih Ben Salah (60mila abitanti) è stata denominata “la pétite
Milano” per la sua consistente presenza meneghina. Non sono mancati i flussi
irregolari, di gran lunga superiori alle quote annuali attribuite al Marocco
(appena 4.500 unità) negli ultimi decreti flussi, come si rileva dalle domande
riguardanti i marocchini nelle diverse regolarizzazioni: 21mila nel 1986,
53mila nel 1990. 35mila nel 1995, 28mila nel 1998, 55mila nel 2002, 36mila nel
2009, 17mila nel 2012, per un totale di 228mila unità.
Altre
presenze irregolari sono emerse, seppure parzialmente, in occasione delle quote
annuali stabilite nei decreti flussi: nel 2006 sono state presentate 50mila
domande di assunzione di marocchini e nel 2007 le domande sono state 125mila.
Non bisogna poi dimenticare le migliaia di marocchini morti nel tentativo di
attraversare il Mediterraneo (cfr. il volume IPRIT. Immigrazione Percorsi di
Regolarità in Italia, Prospettiva di collaborazione italo-marocchina, Guida del
Ministero dell’Interno, Dipartimento Centrale Politiche dell’Immigrazione e
dell’Asilo, a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS, Roma, Ottobre 2013).
Nello
scenario attuale ai flussi in arrivo si aggiungono i ritorni. Vi sono quelli
riguardanti gli irregolari raggiunti da un provvedimento di espulsione (4.206
intimazioni di lasciare il paese e 1.446 provvedimenti effettivamente eseguiti)
e quelli riguardanti i lavoratori che, perso il posto di lavoro, non ne trovano
un altro nel termine di 12 mesi (prima i mesi a disposizione erano solo 6).
Nel
2011 sono stati 28.502 i permessi di soggiorno non rinnovati a cittadini
marocchini (su un totale di 263mila) e nel 2012 19.854 (su un totale di
180mila). In qualche dibattito questa normativa è stata paragonata a un efficace
ammortizzatore sociale a favore degli italiani, perché riduce al minimo il
sostegno dello Stato a favore degli immigrati colpiti dalla disoccupazione.
I
marocchini sono andati affermandosi come una comunità dedita al lavoro, versata
nel commercio, dalla spiccata dimensione familiare e fortemente stabile (oltre
il 64,1% è titolare di permesso come lungosoggiornante, sopravanzando di 10
punti la media dei non comunitari).
I
visti per motivi familiari in ciascuno degli anni 2000 sono stati superiori alle
10mila unità (addirittura 24.864 nel 2007); sotto l’impatto della crisi, sono
scesi a 8.853 nel 2011 e a 6.023 nel 2012. In tutti questi anni (salvo nel 2005
e nel 2007) il Marocco è stato il primo paese per numero di visti per
ricongiungimento familiare. Le donne incidono, attualmente, per il 43,7% sulla
presenza totale. Il tasso di natalità è elevato e i nuovi nati nel 2011 sono
stati 14.622, di cui 12.608 da entrambi i genitori marocchini. L’incidenza dei
minori (150.023, di cui 655 non accompagnati) è tra le più elevate (30,8%). In
ragione di queste caratteristiche familiari, i marocchini hanno inciso per
oltre un decimo sull’indennità di maternità e per oltre un sesto sugli assegni
per il nucleo familiari e sui congedi parentali. Inoltre, la preoccupazione per
far inserire al meglio i loro nuclei induce i marocchini a essere meno
predisposti alla mobilità territoriale e a contenere l’invio delle rimesse, che
comunque continuano a essere di notevole entità (242 milioni di euro nel 2012,
mentre raggiunsero i 339 milioni di euro nel 2007).
I
matrimoni misti nel periodo 1992-2011 sono stati 350mila, oltre il 10% di
quelli celebrati in Italia, e circa 25mila hanno riguardato cittadini
marocchini. I matrimoni, nel passato, hanno costituito anche per i marocchini
la via prioritaria d’accesso alla cittadinanza, ruolo svolto ormai in
prevalenza dalle naturalizzazioni da parte di chi ha maturato almeno 10 anni di
residenza: nel 2009, ad esempio, per i marocchini i casi di cittadinanza a
seguito di matrimonio sono stati 2.866 e quelli a seguito di naturalizzazione
8.714.
La
forza lavoro marocchina è costituita da circa 300mila persone, di cui 151mila
gli occupati (o di più se si tiene conto dei soggiornanti non ancora registrati
come residenti). I settori di inserimento sono: 5,9% agricoltura, 52,7% servizi
(con netta prevalenza di quelli commerciali) e 41,4% industria. La crisi ha
ristretto le possibilità d’ingresso e da 36mila visti per lavoro rilasciati nel
2007, immediatamente prima dello scoppio della crisi, si è scesi ai 9.842 nel
2012, anno in cui il saldo tra assunzioni e cessazioni del rapporti è stato
negativo. Questa comunità incide nella misura del 18,4% sul lavoro stagionale
con 1.826 lavoratori e per meno del 10% sugli oltre 2 milioni di lavoratori
dipendenti. Inserito come lavoratori qualificati solo l’1,5% dei lavoratori
marocchini (la media tra tutti gli stranieri è del 5,9%), mentre i non
qualificati sono il 40,6% (contro una media del 34,6%). Rilevante è anche il
loro coinvolgimento nella disoccupazione, specialmente nel caso delle donne
(tasso del 35,8%). Il loro livello di istruzione è più basso rispetto alla
media dei lavoratori e solo il 26,7% ha conseguito il diploma o la laurea e ciò
aiuta a capire perché vengono chiamati a svolgere mansioni più umili e faticose
e meno retribuite.
Mentre
l’81,6% dei marocchini è occupato come dipendente, il 18,44% lo è in forma autonoma.
Questa comunità sta dimostrando un particolare dinamismo imprenditoriale, così
che nel 2012 marocchini titolari di impresa individuale hanno inciso per un
sesto sull’insieme delle imprese di questo tipo intestate a cittadini stranieri
(38.203 su 232.668), con prevalenza di quelle operanti nel commercio al minuto
(27mila) e nelle costruzioni (quasi 6mila).
Nell’ultimo
decennio in Italia sono state praticate diverse restrizioni per quanto riguarda
l’accesso degli immigrati non comunitari a diverse prestazioni
socio-previdenziali, nell’intento di evitare un eccessivo aggravio allo Stato e
agli enti Locali. In realtà, gli immigrati accedono in misura molto limitata
alle pensioni contributive a carico dell’INPS: per i marocchini si tratta di poco
più di 2mila casi, anche perché ad aver superato i 60 anni sono appena 26.122
persone (appena 5,1% di quella comunità, quattro volte di meno rispetto agli
italiani) e tra l’altro, il limitato accesso alle pensioni contributive è
destinato a protrarsi e nel 2025, secondo le previsioni formulate in uno studio
del 2011 dell’INPS e di IDOS, sarà 1 pensionato ogni 3,5 tra gli italiani e
appena 1 ogni 12,5 tra gli immigrati. Contenuto è anche l’accesso dei
marocchini alle prestazioni assistenziali (circa 6.500 casi). Diverse chiusure
agli immigrati non comunitari sono state superate a seguito degli interventi
della giurisprudenza (di merito, della Corte di Cassazione, della Corte
Costituzionale e
della
stessa Corte di Giustizia europea), in quanto non rispondente al dettato della
Costituzione in materia di assistenza e al principio di parità di trattamento
sancito nelle convenzioni internazionali sui lavoratori migranti ratificate
dall’Italia, incluso l’Accordo euro-mediterraneo tra il Marocco e l’UE. Invece,
non sembra destinato a sbloccarsi lo stallo nella ratifica dell’accordo di
sicurezza sociale tra l’Italia e il Marocco, firmato nel 1994, che da una parte
comporterebbe oneri finanziari molto alti per l’Italia e, dall’altra, non
consente la totalizzazione delle carriere assicurative proprio quando il requisito
contributivo è stato portato a 20 anni.
Sul
tema dell’immigrazione marocchina, non contano solo i bilanci demografico e occupazionali.
Il bilancio culturale può lasciare soddisfatti solo per la frequenza scolastica
(98.106
ragazzi e giovani marocchini iscritti alle scuole italiane nell’a.s. 2012-2013)
ma non per la frequenza universitaria. I permessi di soggiorno per motivi di
studio sono stati appena 1.033 nel 2012; i laureati marocchini nell’anno
accademico 2010-2011 sono stati 134 su un totale di 7.154 (incidenza che sfiora
il 2%), e nell’anno accademico 2011-2012 gli immatricolati all’università sono
stati 458 (che collocano il Marocco al 5° posto tra i non comunitari) e quelli
iscritti complessivamente 1.831.
Si
pongono delicate implicazioni sul piano socio-culturale e religioso, a partire
dai luoghi di culto, generalmente condivisi con musulmani di altri paesi, come
avviene in particolare nella grande moschea di Roma (dove opera il Centro
Culturale Islamico d’Italia, di cui è segretario generale un marocchino) ma
anche nelle altre 25 moschee dell’area romana (cfr. Caritas e Migrantes di
Roma, Immigrati a Roma. Luoghi di incontro e di preghiera, Roma, gennaio 2014).
L’associazionismo
marocchino ha sottolineato l’esigenza di favorire la costruzione di nuovi
edifici o un soddisfacente adattamento di quelli esistenti per assicurare una
dignitosa espressione rituale
della
loro religiosità, e questa esigenza è stata recepita anche nella Guida
Religioni, dialogo e integrazione, curata nel 2013 per il Ministero
dell’Interno, Direzione Centrale dei culti da Com-Nuovi Tempi e IDOS.
Le
seconde generazioni, il volto nuovo e poco conosciuto dei giovani marocchini, è
stato analizzato in un’indagine dall’associazione Genemaghrebina. Il loro
desiderio è quello di integrarsi nella cultura italiana senza perdere quella
propria, con una doppia appartenenza in grado di conservare il passato e
aprirsi al nuovo, senza far pesare in maniera disfunzionante, specialmente sulle
ragazze, i simboli e le tradizioni.
Ancora
oggi i marocchini continuano a essere vittime di comportamenti razzisti e discriminatori,
come si evidenzia dalle segnalazioni che annualmente pervengono all’Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali. Unendo la riflessione storica alla psicologia
sociale si constata che una comunità di immigrati, quando assume una chiara
visibilità, è maggiormente soggetta a pregiudizi. Questa è stata, a turno, la
sorte toccata alle principali comunità straniere. Il primo bersaglio sono stati
i marocchini, maggiormente in vista già a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni
’90. Per loro è stato coniato il termine “vu’ cumprà” (tra il paternalistico e
la disistima) e l’aggettivo “marocchino” è stato utilizzato in senso di
disprezzo, tanto che è dovuta intervenire ripetutamente la Corte di Cassazione
con una netta censura. Successivamente, a fungere da capro espiatorio, sono
state la comunità degli albanesi (quasi di uguale peso numerico) e quella dei
romeni (molto più numerosa e protetta, peraltro, dal diritto comunitario). In
tutt’e tre i casi gli addebiti mossi nei confronti di queste comunità sono
andati oltre i rilievi effettivi, come può dimostrare una serena riflessione
sui dati statistici.
Nel
caso della comunità marocchina uno dei problemi, da tempo conosciuto, è quello
delle denunce penali (specialmente per il traffico e lo spaccio di
stupefacenti). Tuttavia, bisogna registrare nel 2011 un cambiamento meritevole
di approfondimento, perché le denunce penali presentate contro cittadini
stranieri sono state 617.706 e quelle contro cittadini marocchini 36.468, per
cui la loro incidenza è scesa al 5,9% (mentre costituiscono quasi un decimo
dell’intera presenza straniera). Un altro aspetto da prendere in
considerazione, peraltro senza le attenuazioni prima richiamate, è la presenza
in carcere: tra i 23.436 detenuti stranieri detenuti al 31 marzo 2013 i 4.463
marocchini sono stati la prima nazionalità, con una incidenza del 19,0%.
Tutto
lascia intendere che la comunità marocchina aumenterà nei prossimi anni. Per elaborare
una previsione realistica bisogna tenere conto dei permessi che arriveranno a
scadenza senza poter essere rinnovati, fin quando continuerà la crisi
occupazionale. Tuttavia, sia nel 2011 che nel 2012, nonostante le difficoltà
economiche e occupazionali, i nuovi ingressi per lavoro e per ricongiungimento
familiare dal Marocco sono continuati, seppure in misura ridimensionata.
In
un contesto simile, seppure scarsamente soddisfacente e privo di linearità, i ricongiungimenti
familiari, difficilmente scenderanno al di sotto dei 7mila riscontrati nel
2012, perché molti giovani lavoratori marocchini stabilitisi in Italia vorranno
ricongiungersi con la moglie e i figli o vorranno far venire la fidanzata per
sposarsi.
Nello
stesso periodo, gli ingressi dal Marocco per lavoro (quelli maggiormente
soggetti all’andamento congiunturale), potranno per qualche anno scendere al
livello minimo di 6/7mila l’anno, salvo restando un loro aumento nella fase di
ripresa. E così, ipotizzando inizialmente almeno 14.000 nuovi arrivi dal
Marocco e almeno 12mila nuovi nati in Italia da entrambi i genitori
marocchini
e successivamente arrivando a un incremento medio di 30mila/32mila persone, si
può stimare che nel 2020 la comunità marocchina sarà composta da circa 800mila
persone.
La
tesi di questo libro, recepita nel titolo, è che il fenomeno migratorio può
anche favorire lo scambio tra il Marocco e l’Italia, facendo degli immigrati un
ponte sul Mediterraneo. Il rapporto è attualmente disuguale. I cittadini
italiani residenti in Marocco sono stati solo 4.434 al 31 dicembre 2012, a
fronte di una collettività italiana all’estero di 4.341.156 e di una cospicua
presenza marocchina in Italia. Nel futuro gli immigrati potranno essere
efficaci mediatori di scambi più intensi, nella consapevolezza che una maggior
simbiosi tra i due paesi riveste apprezzabili implicazioni sociali, religiose e
anche commerciali e industriali. Il volume allude, in chiusura, agli aspetti
positivi che potrebbero derivare da un più efficace collegamento tra le due
sponde, tenuto conto che la strategia del cauto riformismo sta riservando al
Marocco un futuro promettente. Alcuni progetti, dei quali si parla nel testo,
vanno già in questo senso ma non è che l’inizio. Se questo intreccio di comuni
interessi diventerà maggiormente operativo, molto sarà dovuto agli immigrati che
così spesso hanno fatto la spola tra i due paesi.
Per
informazioni Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico
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