Avvio del processo di 24 imputati marocchini
davanti al Tribunale militare di Salé
Si apre, oggi, il processo a Salé in Marocco di
24 imputati in seguito dei violentissimi atti barbari di omicidi e di vandalismo
che ha conosciuto la città del Laayoune.
Si tratta di un processo normale in un paese
sovrano e democratico, pur fiduciosi nella magistratura marocchina, le famiglie
delle vittime chiedono che la giustizia sia fatta.
Gli avvenimenti
prendono data dell’autunno 2010 quando un gruppo di abitanti della città di
Laayoune (Marocco) ha montato tende nella zona di Gdim Izik per rivendicazioni
sociali, casa, lavoro, benefici delle carte di Promozione Nazionale e la
costruzione di una superstrada Agadir - Laayoune.
Le
autorità pubbliche marocchine avevano permesso agli organizzatori di esprimersi
liberamente le loro rivendicazioni a carattere sociali partendo dalla
considerazione che questa forma di manifestazione si inserisce nel quadro della
libertà d’espressione, a condizione che non sia portata alla minaccia
della sicurezza e all’ordine pubblico e che ci vuole affrontare le
rivendicazioni con dialogo costrittivo, credibile e responsabile.
Le
autorità pubbliche avevano, altresì, permesso che l’accampamento resta aperto,
e hanno assicurato tutti i bisogni degli occupanti, acqua, medicine, antenna
medicale e servizio di pronto soccorso tenendo che l’accesso e la circolazione
siano libere all’interno e all’esterno dell’accampamento.
Un
dialogo quasi quotidiano è stato tenuto tra i protestanti e le autorità e
diversi accordi di carattere sociali sono conclusi.
Da evidenziare
che l’accampamento ospitava diverse categorie di persone: famiglie povere e
precarie, ma anche persone ricercate, in più, un gruppo di opportunisti che ha
stabilito la sua impresa sugli occupanti e hanno iniziato ad agire in modo
malintenzionato al riguardo delle autorità per fallire il dialogo e gli accordi
intrapresi.
Nell’accampamento
si sono formate milizie composte da elementi pericolosi che hanno fatto ricorso
all’intimidazione, la minaccia e alla violenza fisica e psichica contro le
persone nell’accampamento, in particolare contro gli anziani, donne e bambini
per impedirli di andare via e di smontare le tende, e contro i giornalisti, la
mass media nazionali ed internazionali, e gli eletti e le autorità locali.
Davanti
a questa situazione, e dopo l’esaurimento di tutte le vie del dialogo e del
regolamento pacifico, le autorità locali sono state costrette a ricorrere alla
forza pubblica per stabilire la legge e far rispettare l’ordine pubblico.
Durante
l’organizzazione dell’intervento, infatti, era stata presa la decisione di
ritirare le armi alle forze dell’ordine che erano state preparate
psicologicamente per un intervento pacifico nei confronti dei manifestanti
civili.
L’intervento delle forze dell’ordine si
contrasto però con una resistenza feroce di milizie ben addestrate che hanno
usato bombe Molotov, bombole del gas, arme bianche d’attacco, bombe a mano,
sassi … dispositivi incendiari, macheti, e con un piano di attacco ben
definito, e questo ha provocato delle pesanti perdite nelle fila delle forze
dell’ordine.
Nel corso di questi ignobili atti di terrorismo
e di violenza morirono 12 persone delle forze dell’ordine e dei volontari della
Protezione Civile e 69 feriti tra cui
alcuni gravissimi e nessuno dei manifestanti.
Alcuni
gruppi hanno trasferito le manifestazioni e i confronti nella città di
Laayoune che ha vissuto incendi di casi, beni pubblici e beni privati.
Inoltre,
vi è stato un altro morto nella città di Laayoune dove un elemento della forza
pubblica che tentava di interporsi è stato barbaramente assassinato con arma
bianca da vandali che ne hanno profanato le spoglie.
Yassine Belkassem