Processo di 24 marocchini accusati di omicidio di 12 membri
delle forze dell’ordine
09/02/13
Si è ripreso ieri e oggi sabato 09
febbraio nel tribunale militare di Rabat, il
processo di 24 marocchini accusati di violenza mortale di Gdeim Izik, vicino la
città di Laayoune in Sud del Marocco. Sono indagati di
“costituzione di bande criminali, ricorso alla violenza contro gli agenti
dell’autorità causando la morte, la mutilazione e la profanazione di cadaveri”.
Il Codice penale marocchino prevede
la possibilità di processare davanti al tribunale militare, civili accusati di
omicidio di militari ed assimilati.
I fatti risalgano a novembre 2010 quando le forze
dell’ordine hanno proceduto al smantellamento di un campo di tende montate da
abitanti di Laayoune per rivendicare diritti socioeconomici, casa, lavoro,
carta di previdenza nazionale ....
Prima della decisione dello smantellamento
un accordo sulle rivendicazioni è stato stipulato tra gli abitanti e le
Istituzioni marocchine locali e nazionali.
Ma alcuni “attivisti” vicini ai
separatisti del “polisario”, sostenuti dall’Algeria, avevano progressivamente
preso il controllo del campo. Armati di bombe molotov, armi bianche, bombole
del gas … hanno messo la gente in ostaggio, chiedendo l’indipendenza del Sahara.
Quando i membri delle forze dell’ordine, non armati, sono intervenuti per lo
smantellamento sono stati catturati da questi gruppi criminali, e 12 di loro
sono stati sgozzati e atrocemente mutilati e profanati.
Il Coordinamento delle famiglie ed amici
delle vittime di Gdeim Izik ha
organizzato un Sit-in all’occasione
del processo di ieri di fronte al tribunale per chiedere un “processo
equo”, denunciando i tentativi di strumentalizzazione politica e di ingerenza
nella giustizia in questo dossier.
Ahmed Tartour, presidente del (Cofav)
ha raccontato alla mass media il dolore e l’afflizione delle famiglie delle
vittime, chiedendo che la giustizia sia fatta contro i criminali.
All’udienza
hanno assistito, oltre alle famiglie delle vittime e degli accusati, rappresentanti di associazioni dei
diritti dell’uomo, delle ONG ed osservatori: 52 internazionali e 25 nazionali.
Erano presenti anche un consigliere politico dell’ambasciata americana a Rabat
e due eurodeputati socialisti.
Osservatori
nazionali: La Presidente
dell’associazione Adala e membro del collettivo degli osservatori nazionali, Jamila
Sayouri, ha fatto presente che ci sono “segnali molto positivi per un processo
equo” nel caso degli avvenimenti di Gdeim Izik, esaminato attualmente dal
tribunale militare a Rabat.
Il collettivo degli
osservatori nazionali in questo processo è composto da rappresentanti delle
associazioni Adala, Al Wasit per la democrazia ed i diritti dell’uomo,
l’Istanza marocchina dei diritti dell’uomo, l’Osservatorio marocchino delle
libertà pubbliche e del Centro di riflessione strategica e della difesa della
democrazia.
Sayouri ha spiegato che
“questi segnali” sono concreti, particolarmente, nell’accettazione di convocare
testimoni e che erano presenti nell’aula del tribunale, in base alla richiesta
della difesa.
“Il carattere pubblico delle
udienze è un’altra garanzia di un processo giusto, come ovviamente la presenza
di osservatori internazionali e nazionali e rappresentanti di associazioni dei
diritti dell’uomo, del Consiglio Nazionale, dei Diritti dell’Uomo e della mass
media nazionali ed internazionali”, ha osservato Sayouri.
La militante associativa ha
notato “la presenza all’udienza degli accusati senza manette e gli avvocati di
difesa erano attivi”.
Durante
la detenzione, gli accusati hanno ricevuto 2.230 visite dei loro parenti e
d’attori associativi e hanno usufruito di 246 controlli medici secondo le
organizzazioni dei diritti dell’uomo.
Osservatori internazionali: L’esperto
spagnolo José Ma Gil Garre, direttore del Centro di studi sugli affari della
sicurezza in Spagna, afferma a Rabat, che questo processo “è lontano di essere
politico come tentano di far credere alcuni, trova la sua fondamenta in una
serie di prove ben stabilite”. È un affare
in rapporto con i crimini gravi, in cui sono stati vittime membri delle forze
dell’ordine, e degli atti di vandalismo che hanno colpito tante strutture
pubbliche”.
Per il giurista, il processo
si svolge in condizioni normali e tutte le garanzie di equità sono riunite.
“quello che ritira la mia attenzione, è ben il clima della libertà che marca
l’andamento del processo” ha detto, stimando che “questo non è immaginabile
nemmeno in Spagna”.
Il giurista, ha inoltre, lamentato
“la mancanza di solidarietà alle famiglie delle vittime, contrariamente agli
accusati che suscitano più interesse”.
Yassine Belkassem