Marocco: osservatori italiani, processo ai 24 persone
per delitti di Gdeim Izik equilibrato
Di Yassine Belkassem
Il processo terminato ieri a Rabat a carico di 24
marocchini per le violenze mortali avvenute a Gdeim Izik “è stato equilibrato
ed aperto agli osservatori internazionali”. È quanto si legge in un rapporto
stilato dalla delegazione di osservatori italiani che ha seguito il processo,
chiuso ieri a Rabat con 9 condanne all'ergastolo per l'uccisione di una dozzina
di poliziotti avvenuta vicino Laayoune l'8 novembre del 2010.
“Tre giorni di processo trasparente e ben
organizzato e, a nostro avviso, equilibrato - si legge nel rapporto firmata dai
quattro osservatori italiani - in primo luogo abbiamo osservato che gli
imputati si sono presentati in totale libertà, in particolare potendo godere
della libertà di parola e di espressione, pronunciando slogan politici e la propaganda
tipica di un partito separatista come il Fronte Polisario, e sono presentati
anche con l'abbigliamento tradizionale del Sahara e senza manette”.
Gli osservatori rilevano inoltre come “gli
imputati hanno avuto molte opportunità di parlare direttamente al pubblico. Poi
tutti - il personale civile internazionale, militari, giornalisti e osservatori
internazionali, hanno avuto l'opportunità di assistere al processo nel
tribunale militare ascoltando il dibattimento sui fatti accaduti a Gdeim Izik
attraverso una traduzione in quattro lingue diverse, come l'arabo, l'inglese,
francese e spagnolo”.
Il documento, firmato dagli osservatori italiani Sara
Baresi, Massimiliano Boccolini, Francesco de Remigis e Velia Iacovino, rileva
che “questo sia indicativo di come ci sia stato un confronto chiaro e paritario
tra il pubblico ministero e la difesa. Ovviamente, il pubblico ministero ha
mostrato video, fotografie, testimonianze per dimostrare la colpevolezza dei 24
accusati. In secondo luogo, il presidente della giuria, un giudice civile, ha
concesso il giusto tempo alle parti per presentare le loro argomentazioni.
Inoltre è stato assicurato agli avvocati della difesa il diritto di parlare,
esponendo la loro tesi, in particolare per quanto riguarda l'innocenza degli
imputati”.
Gli osservatori ricordano infine come “al di
fuori del tribunale la polizia abbia permesso a tutti di esprimere il proprio
punto di vista e ai familiari delle vittime di manifestare anche in totale
libertà. Riteniamo inoltre che non si sia trattato di un processo politico in
quanto i rappresentanti politici e istituzionali hanno partecipato a titolo
personale solo stando all'esterno del tribunale e mostrando ad esempio la loro
solidarietà alle famiglie degli agenti di polizia uccisi. Attraverso questo
processo il Marocco, invitando le associazioni e gli osservatori internazionali
per i diritti umani, giornalisti, ha voluto dimostrare la sua buona fede e che
i diritti umani sono rispettati e garantiti nel paese”.
Il Tribunale di Rabat ha condannato
nove criminali, tra cui uno latitante, all’ergastolo, quattro a 30 anni, sette
a 25 anni, tre a 20 anni e due a 02 anni di carcere. I criminali sono responsabili
di “costituzione di una banda criminale, violenza contro le forze dell’ordine
che ha portato la morte con l’intento e la partecipazione di causare la morte”.
Questi delitti sono legati allo smantellamento del campo Gdeim Izik a Laayoune
in Sud del Marocco nel novembre 2010, in cui sono stati assassinati 11 membri
delle forze dell’ordine e uno della Protezione Civile, e il ferimento di 70
membri.